L’area sola del parco agricolo, se gestita sistematicamente allo scopo di produzione di derrate alimentari, come un tempo già fu, sarebbe in grado di sfamare, con una sana agricoltura di prossimità, le sempre più esigenti bocche di cittadini sensibili ai temi della tavola sana, della necessità di una città vivibile e vissuta, di una città produttiva e bene gestita.
Un impegno che dobbiamo assumere è quello di tutelare la persistenza del verde che abbiamo davanti agli occhi, come risorsa che rende il municipio 19 unico nel suo genere. Ma ciò non basta: dobbiamo pretendere un effettivo uso agricolo, di diretta o indiretta gestione, delle aree del parco agricolo, così finalmente valorizzate, sia per i proprietari, che si garantirebbero in tal modo una resa terriera lontana dalla speculazione del cemento, che per i cittadini, che fruirebbero così di un rinnovato contatto col mondo della produzione agricola, di spazi curati e di qualità ambientale, di cibo a filiera ridotta.
La principale causa della difficoltà di gestione economica dell’azienda agricola risiede nel macroscopico scarto tra i prezzi dei prodotti agricoli al consumo rispetto a quelli ottenuti dal produttore. E’ acclarato che la causa di tale ingiustificata disparità è perlopiù dovuta all’eccessivo numero di passaggi previsti dalla filiera agroalimentare.
Pertanto, nell’ambito di un programma di valorizzazione delle produzioni agricole di un determinato territorio, com’è la costituzione di un Parco Agricolo, uno degli interventi ipotizzabili, al fine di determinare benefici economici ai produttori nel breve periodo e contemporaneamente valorizzare il rapporto città-campagna, consiste nell’accorciamento della filiera produttiva tramite l’organizzazione di un sistema di vendita diretta dei prodotti agricoli in azienda, in punti vendita collettivi o nei mercati rionali.
Infatti, un intervento di questo tipo, associa a indubbie ricadute positive, quali:
- la crescita del reddito delle imprese agricole senza aumento o con abbattimento dei prezzi al dettaglio;
- l’avvicinamento del cittadino alla cultura rurale e all’ambiente naturale; aspetti gestionali come:
- la discreta facilità di realizzazione;
- il ridotto impegno dell’Amministrazione Pubblica, che svolgerebbe solo il ruolo di stimolo favorendone l’organizzazione e la promozione;
-la opportunità di occupare giovani in una agricoltura moderna, biologica, sostenibile e remunerativa.
Con l’entrata in vigore del D.lgs 228/01, per l’imprenditore agricolo si è notevolmente allargato il campo operativo, favorendo e incentivando la presenza dell’azienda agricola sul mercato. L’ampliamento delle attività connesse prevista dal decreto, sposta l’attenzione dalla fase della produzione alla fase della collocazione del prodotto agricolo inteso in senso lato favorendo un rapporto diretto produttore-consumatore e l’accorciamento della filiera. Il mercato, da parte sua, si è dimostrato attento e pronto ad accogliere iniziative indirizzate all’instaurarsi di un rapporto fiduciario con chi produce i beni primari (fattorie aperte, didattiche, punti vendita ecc.). Tutto ciò deve tuttavia essere valutato con grande attenzione, da un lato per evitare il mancato rispetto delle basilari norme di ordine sanitario, fiscale e commerciale, dall’altro per consentire all’azienda di interpretare in modo corretto le esigenze e le aspettative del consumatore. La vendita diretta nelle aziende biologiche è un fenomeno estremamente interessante in tutta Europa. Mentre in Italia la vendita diretta deve limitarsi alle produzioni aziendali (comprese quelle dei soci, in caso di imprese collettive), la legge tedesca, ad esempio, concede di integrare le proprie produzioni con un massimo del 30% di prodotti extra-aziendali, consentendo di raggiungere un’ampiezza di gamma più appetibile per il consumatore e, spesso, anche interessanti forme di collaborazione tra produttori di orientamento produttivo o specializzazione diversa.
Le esperienze in questo settore dimostrano come il sistema della vendita diretta in azienda dei prodotti agroalimentari, con il conseguente accorciamento della filiera produttore/consumatore, determini una immediato abbattimento dei prezzi al dettaglio e al contempo margini più elevati per l’azienda. Un ortaggio ceduto a un grossista a 100, fatica a uscire dal suo magazzino a meno di 130, e in negozio sarà offerto al consumatore intorno a 200. Lo stesso prodotto, posto in vendita nello spaccio aziendale a 160, offre al
produttore un margine ulteriore di 60 e al consumatore un risparmio di 40. Non vanno inoltre sottovalutati altri aspetti, come la fidelizzazione del consumatore e il valore del rapporto diretto. In questo senso il sistema degli spacci aziendali, dei mercatini, degli acquisti on-line o per corrispondenza o dei gruppi d'acquisto solidale (Gas), può rappresentare un elemento di ricongiunzione con il territorio e le tradizioni agroalimentari, dando la risposta alla domanda di “campagna” proveniente dalla città.
Il "ciclo corto o Km0" della filiera, ovvero il passaggio diretto dalla produzione al consumo, è un'opportunità e un'esigenza soprattutto per le produzioni di nicchia: biologico, tipico e tradizionale. Produzioni che spesso non hanno la massa critica per tentare la strada della grande distribuzione e che trovano giustificazione e valore attraverso il legame con il territorio o grazie alla conoscenza del nome del produttore. In ultimo vale la pena segnalare una forma di vendita, in Italia poco conosciuta, dove il consumatore partecipa direttamente all'attività di raccolta. In America si chiama "pick your own", ovvero raccogli tu stesso. Il consumatore entra in azienda e raccoglie direttamente i prodotti di cui ha bisogno. Invece di portare il prodotto ai consumatori l'agricoltore porta i consumatori al prodotto con evidenti ricadute positive sugli aspetti sociali, educativi e ricreativi. In un recente convegno a Bologna Banca Etica ha annunciato il finanziamento del primo progetto di "pick your own" italiano. Si baserà su una serie di negozi dove si potranno prenotare i raccolti di una rete di aziende agricole situate in prossimità dei capoluoghi di provincia (Lorenzo Tosi - aprile 2004). Sotto l’aspetto legislativo, come già detto, dall'emanazione del D.Lgs. 228 del 2001 non è più necessaria la richiesta di autorizzazione per la vendita al dettaglio di prodotti agricoli, basta la semplice comunicazione di inizio attività al Sindaco del comune dove avverrà la vendita, se questa avviene in un luogo aperto al pubblico o su aree pubbliche, o al Sindaco del comune dove ha sede l'azienda di produzione, se la vendita è fatta in forma itinerante. E’ opportuno inoltre tenere presente le altre principali leggi che regolano il settore, e in particolare: Legge n.327 del 5 febbraio 1934 (Autorizza la vendita diretta del produttore agricolo in forma ambulante); Legge n.125 del 25 marzo 1959 (Autorizza la vendita diretta nei mercati all’ingrosso); Legge n.50 del 9 febbraio 1963 (Autorizza la vendita diretta al dettaglio nel proprio comune); Legge n.477 del 14 giugno 1964 (Autorizza la vendita diretta in tutto il territorio della Repubblica, non solo nel proprio comune e in quelli limitrofi). Se i prodotti sono anche Dop, Igp o AS, secondo l’art.104 della Legge finanziaria 2001, la vendita diretta e ammessa anche per via telematica, senza per questo ricadere nella normativa del commercio. Secondo il Dpr 597/73 danno reddito agrario “le attività dirette alla manipolazione, trasformazione, alienazione dei prodotti agricoli o zootecnici, ancorché non svolte sul terreno, che rientrino nell’esecuzione normale dell’agricoltura, e secondo la tecnica che le governa e che abbiano prevalentemente per oggetto prodotti ottenuti dai terreni e dagli animali allevati su di essi”. Il produttore in regime Iva semplificata è esonerato dall’obbligo del registratore fiscale; in regime Iva ordinario dovrà, invece, utilizzare l’apparecchio (oppure una fattura immediata o il Ddt integrato con l’indicazione del corrispettivo). Attualmente, nell’area di Casal del Marmo, solo l’Azienda Co.br.ag.or. dispone di un punto vendita diretta. Nell’ipotesi di assetto del Parco Agricolo potrebbero essere individuate altre due possibili localizzazioni per punti vendita: nel Casal Marmo Nuovo e nel Casal di Pian del Marmo, situati strategicamente in prossimità degli ingressi al Parco orientati verso le aree urbane più lontane dal punto vendita esistente. Ciononostante, la scelta di realizzare uno o più punti vendita potrà essere effettuata, sulla base degli interessi e delle disponibilità delle aziende agricole presenti, solo in fase di progettazione definitiva dell’assetto del parco e dei relativi interventi. Sarebbe interessante valutare la opportunità di produzioni locali per coprire il fabbisogno del tessuto urbano limitrofo al parco.
Il sostegno pubblico alle attività agricole
Numerose sono le possibilità di accesso a finanziamenti pubblici nell’ambito del comparto agricolo. Tali finanziamenti possono essere accessibili sia al privato conduttore di azienda agricola (persona fisica, società, cooperativa, consorzio,ecc.) sia a enti pubblici (comuni, enti parco, ecc.) quando questi si trovino a operare nell’interesse dei sistemi agricoli e ambientali. Una rassegna delle opportunità offerte dai vari strumenti finanziari dovrà essere allegata allo schema di assetto del Parco Agricolo, in modo da favorire gli imprenditori locali interessati. Qualora lo strumento dei Parchi Agricoli urbani si rivelasse effettivamente realizzabile, sarebbe opportuno proporre agli uffici competenti della Regione, di inserire tra le misure del Piano di Sviluppo Rurale specifiche soluzioni volte a:incentivare alcune attività specifiche per queste aree (si veda la relazione generale);
riservare una quota di risorse per le aziende agricole ricadenti nelle aree interessate dai parchi agricoli, che presentano difficoltà oggettive legate agli impatti sociali e ambientali tipici delle aree urbane.
Particolare attenzione sarà rivolta alle possibili fonti di finanziamento pubblico nazionale, regionale, provinciale comunale vale la pena segnalare una legge, poco sfruttata, sul restauro degli edifici rurali: la L. 378/03.